La dinamica flesso-estensoria della colonna varia lungo i diversi segmenti scheletrici. La porzione lombare costituisce il tratto vertebrale dotato di maggiore mobilità. Tuttavia essa non è distribuita in maniera omogenea lungo tale segmento: le prime tre vertebre (L1-L2-L3) presentano infatti una minore mobilità, potendo compiere delle variazioni di flesso-estensione pari al 10-30% dell’articolarità, rispetto alle ultime vertebre lombari (L4-L5) che sono invece in grado di compere escursioni articolari di flesso-estensione pari al 60-75%. L’unità funzionale disco-vertebrale ha un comportamento analogo alle leve fisiche di 1° grado: la vertebra ed il disco intervertebrale costituiscono il fulcro della leva. I due bracci sono invece formati dalla muscolatura vertebrale, che si trova in prossimità del fulcro stesso, e dagli arti, attraverso i quali vengono svolti i movimenti, in particolare il sollevamento di pesi.
La muscolatura vertebrale è il braccio-potenza della leva mentre le estremità sono il braccio-resistenza: la muscolatura paravertebrale deve sviluppare una forza in grado di equilibrare la forza-resistenza prodotta a livello del braccio resistenza. Conseguentemente, lo sforzo compiuto e l’entità dell’eventuale peso sollevato influenza direttamente la forza contrattile prodotta a livello della muscolatura paravertebrale, poiché dovrà essere sempre di pari intensità per potere mantenere il sistema in equilibrio.
Una parte importante delle forze così prodotte si scarica però a livello della colonna (fulcro della leva).
Pertanto, ad esempio, il sollevamento di un peso di circa 50 kg, mantenendo la colonna rigorosamente in asse, fa si che a livello del basso tratto lombare si produca una forza di 380 kg.
Se lo stesso peso viene sollevato senza mantenere il normale allineamento vertebrale o addirittura inarcando la schiena, si stima che la forza prodotta a livello lombare sia di circa 700 kg.
Tali pesi vengono continuamente ammortizzati dal disco.
Il carico vertebrale varia dunque in funzione sia dell’entità dello sforzo compiuto (e del peso eventualmente sollevato), sia dell’atteggiamento della colonna durante l’esecuzione stessa; la postura assunta svolge un ruolo determinante sul carico prodotto a livello lombare anche in assenza di movimento, sia considerando la semplice posizione eretta sia la posizione clinostatica.
Anche in tali situazioni, l’inclinazione assunta dalla colonna rispetto al suo fisiologico allineamento comporta lo sviluppo di forze notevolmente aumentate.
Pertanto non solo l’esecuzione di sforzi fisici massimali compiuti con la schiena flessa ma anche la sedentarietà rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza di mal di schiena.
Questi fattori di rischio risultano in qualche modo amplificati in senso negativo da due condizioni, che possono essere a loro volta considerati fattori di rischio per lo sviluppo di mal di schiena:
- Lo scarso sviluppo della muscolatura vertebrale, in conseguenza di un insufficiente e non costante allenamento posturale.
- L’età avanzata.
Come precedentemente descritto, la muscolatura paravertebrale costituisce il braccio-potenza della nostra leva ed è in grado di contrastare le forze prodotte durante l’esecuzione dei diversi movimenti o anche l’assunzione di determinate posture.
Una muscolatura ben allenata e performante è in grado di limitare l’eventuale danno che si produce al livello dell’unità disco-vertebrale.
Questo concetto può essere applicato considerando sia l’esecuzione di un singolo movimento esplosivo che produce delle forze massimali (sforzo massimale) sia considerando l’esecuzione di sforzi di lievissima entità (sub- massimali) ma reiterati nel tempo. L’invecchiamento corporeo comporta una riduzione della performance muscolare ed un incremento del fisiologico deterioramento dell’unità disco-vertebrale, facilitando l’insorgenza dei processi degenerativi discali ed artrosici. A loro volta tali processi degenerativi facilitano l’insorgenza di mal di schiena anche in relazione all’esecuzione di minimi sforzi fisici. In caso di sforzi che richiedono il sollevamento di un peso, oltre all’atteggiamento della colonna e dal peso stesso, bisogna considerare altre variabili che influenzano il nostro sistema leva quali: l’altezza da terra raggiunta la posizione definitiva del peso, la distanza percorsa dal sollevamento alla posizione definitiva, la distanza del peso dal corpo ed infine la frequenza di sollevamento. Risulta quindi fondamentale, ai fini preventivi, minimizzare dove possibile il carico, minimizzare le distanze, mantenere la schiena sempre diritta lungo l’asse sagittale evitando torsioni, rotazioni, trazioni ed inarcamenti della colonna, conservare la simmetria corporea ed usare contemporaneamente le due mani.
Considerando la biomeccanica della colonna, il mal di schiena colpisce tipicamente:
1. soggetti giovani ed atletici che svolgono sforzi massimali specialmente se reiterati nel tempo come avviene in alcune pratiche sportive dove la colonna, anche se sostenuta da una muscolatura ben sviluppata ed allenata, viene continuamente sollecitata ad alte intensità; anche allenamenti troppo ravvicinati facilitano lo sviluppo di mal di schiena dal momento che non viene lasciato il tempo necessario alla muscolatura di “riprendersi” dallo sforzo precedente;
2. soggetti adulti sia che svolgano mansioni lavorative gravose sia che svolgano attività lavorative molto statiche e che conducono una vita sedentaria;
3. soggetti di età più avanzata.
L’assunzione di corrette posture e l’esecuzione di esercizi atti a rafforzare la muscolatura risultano fondamentali non solo nella prevenzione del mal di schiena ma anche come coadiuvante di specifiche terapie in atto per il trattamento del mal di schiena. Bisogna infine ricordare che l’attività fisica occasionale può rappresentare un importante fattore di rischio: infatti l’esecuzione di prestazioni atletiche a buon livello in assenza di una preparazione fisica di base adeguata può favorire l’insorgenza di danni anche importanti a carico della colonna.